Pica, Tina (propr. Concetta Annunziata)
Attrice teatrale e cinematografica, nata a Napoli il 31 marzo 1884 e morta ivi il 16 agosto 1968. È stata la più singolare caratterista apparsa nella prima fase della commedia all'italiana. Con il fisico gracile e la peculiare vocalità, rese viva un'immagine insieme burbera e benefica di donna quasi senza età o in età cosiddetta sinodale: fissò una maschera che modulandosi in situazioni diverse e in diversi connotati sociali, la serva o la portiera, la zia o la nonna, svolge un ruolo risolutivo a sciogliere i nodi drammaturgici della farsa. Con questa maschera passò dal teatro al cinema, interpretando complessivamente cinquantotto film, fino a raggiungere in Pane, amore e fantasia (1953) e nei sequels Pane, amore e gelosia (1954) e Pane, amore e... (1955), i primi due di Luigi Comenicini e il terzo di Dino Risi, un successo quanto mai popolare, guadagnando con il secondo il Nastro d'argento come attrice non protagonista.
I primi passi nel cinema sono databili, dopo un'apparizione in Carmela, la sartina di Montesanto di Elvira Notari (1916), agli anni Trenta. Si ricorda il ruolo di una popolana invasiva interpretato accanto ai De Filippo in Il cappello a tre punte di Mario Camerini (1935). Ma la sua popolarità si fece più ampia nel dopoguerra, anzitutto sulle scene con i ruoli che Eduardo scrisse per lei fra il 1945 e il 1947 in Napoli milionaria, Questi fantasmi e Filumena Marturano. Su questi testi si cristallizza una caratterizzazione che, velata di un'ira farsesca e di umana pietà, la rende, nel sottolineare la naturale legnosità di gesti e un estro sgranato e grave o rissoso dell'accento vocale, insostituibile. Quelle interpretazioni, per le lunghe repliche che ebbero nei teatri d'Italia e per il caldo successo personale, costituirono il decisivo lasciapassare verso il cinema. Eccola quindi sugli schermi riprendere con vari connotati la figura della 'capera' del vicolo napoletano, portiera, serva pettegola, zitella e nonna prepotente, sempre unendo a un'idea di femmina intrigante un che di balordamente maschile, da cui scoccano scintille di irresistibile comicità. I primi successi della P. al cinema furono ancora dovuti a Eduardo, nelle trasposizioni che egli diresse sia di Napoli milionaria (1950) sia di Filumena Marturano (1951). Ecco quindi la P. in Processo alla città di Luigi Zampa (1952) e in Proibito rubare (1948) di Luigi Comencini.
Ma il 'caso Pica' esplose sugli schermi come una meteora in duetto con Vittorio De Sica, interpretando la serva Caramella anzitutto in Pane, amore e fantasia. Caramella diventò un proverbio, versione rinnovata, con tratti persino spiritati, della figura manzoniana della Perpetua, stavolta non più accanto a un curato della campagna lombarda ma a un maresciallo dei carabinieri donnaiolo e vanesio in un paesetto della Ciociaria. Nel 1954 fu di nuovo con E. De Filippo in L'oro di Napoli di Vittorio De Sica, nell'episodio Il professore; apparve poi in Totò e Carolina (1955) di Mario Monicelli e, come frenetica casellante ferroviaria, in Destinazione Piovarolo (1955) di Domenico Paolella. Spegnendosi l'originalità della sua creazione, ridotta al rituale di sé stessa, recitò in La nonna Sabella di Dino Risi (1957) o, incollata malamente alla propria maschera, in La Pica sul Pacifico (1959) di Roberto Bianchi Montero. La successiva partecipazione a molto cinema mediocre sciupò via via nel suo personaggio la freschezza del disegno originario, che però nell'ultima apparizione sullo schermo, per virtù di De Sica nell'episodio Mara di Ieri oggi domani (1963), ritrovò, quasi un'estrema fiammata, il vibrante vigore di un tempo.
S. d'Amico, Palcoscenico del dopoguerra, Torino 1953, pp. 87 e 173.
(Fonte: http://www.treccani.it/enciclopedia/tina-pica_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/)