Regista statunitense. Durante gli studi liceali, negli anni '40, si appassiona di fotografia e riesce a entrare nell'équipe della nota rivista «Look». Nel '50 autoproduce e realizza il suo primo cortometraggio, il documentario Day of the Fight (Giorno della lotta) dedicato a un pugile; la RKO lo compra e gli commissiona un altro documentario, Flying Padre, su un prete «volante» che si sposta a bordo di un biplano.
26 Luglio 1928 (Leone), New York City (New York - USA) - 7 Marzo 1999 (70 anni), Harpenden (Gran Bretagna).
Regista statunitense. Durante gli studi liceali, negli anni '40, si appassiona di fotografia e riesce a entrare nell'équipe della nota rivista «Look». Nel '50 autoproduce e realizza il suo primo cortometraggio, il documentario Day of the Fight (Giorno della lotta) dedicato a un pugile; la RKO lo compra e gli commissiona un altro documentario, Flying Padre, su un prete «volante» che si sposta a bordo di un biplano.
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Alfonso Gatto nasce a Salerno 17 luglio 1909 da una famiglia di marinai e piccoli armatori di origini calabresi. L'infanzia e l'adolescenza sono piuttosto travagliate. Compie i primi studi nella sua città, poi nel 1926 si iscrive all'Università di Napoli che abbandona qualche anno dopo, senza laurearsi, a causa di difficoltà economiche. Vive un periodo di continui spostamenti che sono caratteristica di una vita irrequieta e avventurosa, trascorsa nell'esercizio e nella pratica di diversi lavori. Inizia a lavorare come commesso, come istitutore di collegio, correttore di bozze ed infine diviene giornalista. Nel 1936, a causa del suo dichiarato antifascismo, viene arrestato e trascorre sei mesi nel carcere di San Vittore di Milano. Nel 1938 fonda a Firenze assieme allo scrittore Vasco Pratolini la rivista "Campo di Marte" che diventa la voce del più avanzato ermetismo. Creata per commissione dell'editore Vallecchi, la vita del periodico dura tuttavia un solo anno. (…) NERO Susan sta fumando una sigaretta in sagrestia. Pomeriggio. Avete mai visto un’immagine di Gesù che sorride? Una volta l’ho detto a Geoffrey. “Giusta osservazione, Susan” mi ha risposto, facendomi pentire di avere toccato quel tasto. Mi ha suggerito di pensare a Nostro Signore come a qualcuno che sorride interiormente, infatti la visione dottrinaria di Geoffrey è che Gesù si fece uomo per poter sorridere, ridere e comportarsi proprio come noialtri. Ho chiesto: “Secondo te ha mai fatto un sorriso beffardo?”, ma Geoffrey si è improvvisamente ricordato che doveva seppellire un tizio entro cinque minuti, e ha tagliato la corda. Giacomo Leopardi nasce a Recanati (Macerata) il 29 giugno 1798. Primo di sette figli del conte Monaldo Leopardi e di Adelaide dei Marchesi Antici, mostra ben presto straordinaria intelligenza e voglia di sapere. La grande biblioteca di casa Leopardi, contenente migliaia di libri collezionati dal padre, è felice rifugio del giovane Giacomo. A soli tredici anni si avventura in letture greche, francesi e inglesi. Il suo desiderio di conoscenza è così prorompente che, oltre alle lezioni sotto la guida del padre e del precettore Don Sebastiano Sanchini, si applica, da solo, in maniera “matta e disperatissima” nelle più svariate materie per ampliare il proprio universo Eric Arthur Blair, vero nome di George Orwell, nasce il 25 giugno 1903 a Motihari, nel Bengala, dove il padre, d'origine angloindiana, è funzionario statale presso l'Opium Department. La sua famiglia appartiene alla borghesia «alto-bassa», come la definirà lo stesso scrittore con sarcastica contraddizione. Al ruolo dominante e privilegiato degli amministratori britannici nelle colonie non corrisponde, infatti, un analogo status in Inghilterra. In India, i Blair si destreggiano a conciliare effettiva scarsità di mezzi e salvaguardia delle apparenze quando, nel 1904, Eric torna in patria con la madre e le due sorelle e si stabilisce a Henley-on-Thames. Iscritto nell'esclusivo college St. Cyprian di Eastbourne, ne esce con una borsa di studio e un opprimente complesso d'inferiorità, come racconta nel saggio autobiografico E tali, tali erano le gioie del 1947. Né riuscirà a integrarsi nel clima altrettanto snob, seppur meno gretto, di Eton, dove è ammesso nel 1917. Il 21 febbraio 1632 esce a Firenze il "Dialogo di Galileo Galilei Linceo, dove ne i congressi di quattro giornate, si discorre sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano". Sospettato di eresia, colpevole di sostenere la teoria della centralità del sole e, quindi, di voler sovvertire le Sacre Scritture, la Chiesa lo accusa e lo processa. Il 12 aprile 1633 Galileo inizia, con il primo interrogatorio da parte della Santa Inquisizione, il processo, durante il quale è posto agli arresti. L’Inquisizione decide di ricorrere - se Galileo non vorrà ammettere i propri errori - alla carta della tortura. Il 21 giugno, Galileo viene interrogato per l’ultima volta e, consapevole della minaccia che incombe su di lui, ammette di non aver mai appoggiato le teorie copernicane. Il 22 giugno 1633, Galileo, inginocchiato davanti la Corte Ecclesiastica, nella sala capitolare del convento domenicano di Santa Maria sopra Minerva, viene condannato al “carcere formale ad arbitrio nostro” e alla “pena salutare” della recita settimanale dei sette salmi penitenziali per tre anni. Formalmente, e davanti alla corte che può decidere della sua vita o della sua morte, Galileo è costretto ad abiurare. Roma. 16 marzo [1837]. Sono qui da due giorni. Il mio trasferimento in Italia, o meglio a Roma, si è trascinato per quasi tre settimane. Ho viaggiato per mare e per terra con ritardi e fermate ma, nonostante tutto, sono arrivato in tempo per le feste. Ho ascoltato la messa nella chiesa di San Pietro, celebrata dal Papa in persona. Ha una sessantina d'anni e l'hanno portato dentro su una magnifica sedia con il baldacchino. I portatori hanno dovuto fermarsi diverse volte in mezzo alla chiesa perché il Papa aveva dei giramenti di testa. La chiesa di Pietro è cosi immensa che di lunghezza sarà quasi mezza versta. Anche l'affluenza a Roma era immensa. In chiesa c'erano alcune migliaia di persone, eppure sembrava ancora vuota. Di: Claudia Boddi. Tra antiche credenze, vere e proprie manie, gesti scaramantici, riti portafortuna e tanto altro ancora, si snoda la vita di coloro i quali abitano l’affascinante mondo teatrale, anche quando il sipario è abbassato e le luci sono spente. Attento a curare tutti i dettagli, affinché il risultato sia perfetto – accanto alla preparazione tecnica e artistica – chi ama la ribalta, è spesso disposto a pagare anche l’inesorabile dazio della superstizione! Al tempo in cui i baci avevano un valore più compromettente di quello odierno, anche gli approcci galanti di un Romeo testardo, respinto ripetutamente proprio dalla sua Giulietta, furono causa di esilaranti conseguenze. L’attor giovane aveva ideato di sfruttare le esigenze di copione per sferrare l’ennesimo attacco alla bella e ostinata collega. Suppose che nella penombra della tomba dei Capuleti, Giulietta distesa sul feretro, al finale della tragedia, siccome addormentata dal potente sonnifero, non avrebbe potuto ribellarsi alle sue avances. Confidò a un amico il suo piano: avvicinandosi al corpo dell’amata l’avrebbe finalmente baciata appassionatamente. L’amico senz’altro perse una buona occasione per tenere per sé la confidenza e la voce arrivò all’astuta Giulietta la quale, un attimo prima di essere portata in scena sul catafalco, strinse tra le labbra uno spillo con la punta rivolta verso l’alto. Aiutata dalla penombra, quando il tenace Romeo avvicinò la bocca alla sua… Ahi, ahi, l’incauto! Non potendo più spiccicare parola Romeo prese il pugnale e “si uccise” prima del tempo esibendosi in strazianti sussulti di dolore. L’indomani un critico solerte magnificò la travolgente drammaticità di quel gesto repentino! (Oreste Trebbi, "Aneddoti teatrali, raccolti da Oreste Trebbi" - Roma, A. F. Formiggini Editore, 1929) Quando si va a teatro, ad un concerto o ad una festa, qualunque sia la propria indole, se la festa piace, la mente va alle persone care e ci si rammarica per la loro assenza. "Quanto piacerebbe a mia sorella, a mio padre", si pensa, e il piacere tratto dallo spettacolo è filtrato da una lieve malinconia. È la stessa malinconia che io provo non tanto per la gente di casa mia, perché sarebbe misero e riduttivo, ma per tutte le creature che, per carenza di mezzi o per disgrazia, non godono del bene supremo della bellezza, che è vita ed è bontà ed è serenità ed è passione. Per questo non tengo per me neppure un libro, perché quanti ne compro, vale a dire infiniti, tanti ne regalo, ed è per questo che è un onore ed una gioia per me essere qui, ad inaugurare questa biblioteca del popolo, la prima sicuramente di tutta la provincia di Granada. Non di solo pane vive l'uomo. Io, se avessi fame e mi trovassi in disgrazia per strada, non chiederei una pagnotta, ma mezza pagnotta e un libro. E nel luogo in cui ci troviamo adesso, attacco violentemente coloro che parlano solo di rivendicazioni economiche senza mai nominare le rivendicazioni culturali, che sono quelle che i popoli richiedono con insistenza. È un bene che tutti gli uomini mangino, ma anche che tutti gli uomini abbiano la conoscenza, che traggano beneficio da tutti i frutti dello spirito umano, perché il contrario significherebbe trasformarli in macchine al servizio dello Stato, trasformarli in schiavi di una terribile organizzazione sociale. |
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