Nel 1556 Torquato raggiunge il padre a Urbino, presso la corte dei Dalla Rovere, dove viene educato secondo il modello del perfetto cortigiano stabilito dal Castiglione: culto delle lettere, della musica, delle arti, esercizio delle virtù cavalleresche. Nel 1560-61 frequenta l'Università di Padova, seguendo gli studi di legge, filosofia e lettere. Intraprende col padre una lunga serie di viaggi presso varie corti e centri culturali d'Italia: Urbino, Venezia, Bologna, Mantova. Pubblica il Rinaldo nel 1562 dedicandolo al cardinale Luigi d'Este. A Bologna è coinvolto in una vicenda goliardica, con strascichi giudiziari, per aver scritto versi satirici che alludevano ai bassi natali e all'effeminatezza di alcuni studenti e professori. È costretto a lasciare in fretta e furia la città.
Nel 1565, grazie alla fama procuratagli dal Rinaldo, entra nella corte estense di Ferrara come gentiluomo del card. Luigi d'Este, con una provvigione di 4 scudi d'oro al mese: suo compito era quello di comporre il poema annunciato col Rinaldo.
Dal 1572 entra a far parte, come cortigiano stipendiato, del seguito del duca estense Alfonso II. Compone poesie per feste e matrimoni, madrigali che omaggiano dame e personaggi di corte. Ottiene un sempre più ampio riconoscimento delle sue qualità di letterato e intellettuale e viene nominato socio dell'Accademia ferrarese. Nel 1573 compone la favola pastorale Aminta. Nel 1575 porta a termine il Goffredo, iniziato nell'adolescenza (il poema diverrà famoso col titolo di Gerusalemme liberata). Tasso però è indebolito e spossato, forse l'attività letteraria troppo intensa: viene assalito da forti febbri e comincia a manifestare i primi sintomi dello squilibrio interiore che lo tormenterà sino alla morte.
Avendo dei dubbi sulla conformità dell'opera alle regole aristoteliche (unità di spazio, tempo e azione) e sull'ortodossia religiosa del contenuto, egli sottopone la Gerusalemme liberata al giudizio di letterati considerati allora insigni, i quali però, influenzati dal riflusso conservatore dell'epoca, investono il Tasso di aspre critiche di forma e di merito. Egli così decide di rivedere la stesura di tutta l'opera e nel 1577 chiede addirittura di essere esaminato dall'Inquisitore di Ferrara, per dissipare ogni dubbio sull'ortodossia cattolica del suo pensiero. Viene assolto, ma non si sente soddisfatto, per cui è intenzionato a recarsi presso gli inquisitori di Roma e denunciare addirittura le tendenze filocalviniste di alcuni Estensi. Il duca Alfonso II, temendo che il papato potesse approfittarne per occupare la signoria, lo fa vigilare.
Un giorno, sentendosi spiato da un servo mentre conversava con la sorella del duca, gli lancia contro un coltello ferendolo: per questo motivo il Tasso viene rinchiuso, come malato di mente, in una stanza del palazzo e poi liberato. Dopo altre manifestazioni di follia, viene rinchiuso in un monastero, da dove però riesce a evadere rifugiandosi presso la sorella, a Sorrento. Dopo qualche tempo riprende la vita errabonda e avventurosa, recandosi a Ferrara, Mantova, Padova, Venezia, Urbino, Torino.
Nel 1579, vinto dalla nostalgia per la sua città, chiede il perdono del duca e torna a Ferrara. Vi giunge mentre si stava celebrando il terzo matrimonio di Alfonso. Non riuscendo a farsi accordare udienza, si abbandona in pubblico a violente accuse contro di lui. Questa volta viene segregato come pazzo nell'ospedale di S. Anna. Vi resterà dal '79 all'86. Durante questi anni continuerà a soffrire di allucinazioni e complessi di persecuzione, ma scriverà anche molte lettere ad illustri personaggi (soprattutto per ottenere la libertà), molte poesie, i Dialoghi filosofici, nei quali parla della sua sottomissione alle verità della religione, nonché della sua concezione della politica, arte, letteratura, amore, bellezza ecc., risentendo molto della filosofia platonica.
Nel 1580, mentre era ancora in carcere, alcuni disonesti editori pubblicano a sua insaputa la Gerusalemme: il Tasso, per il quale il poema non corrispondeva più ai suoi criteri, ne fu molto addolorato. Tuttavia, quella pubblicazione determinò un acceso dibattito sul valore dell'opera, soprattutto perché veniva messa a confronto con l'Orlando furioso dell'Ariosto. I suoi sostenitori proclamarono che solo il Tasso, fedele alle leggi aristoteliche, aveva saputo dare il poema epico all'Italia; i denigratori invece lo accusavano di avere usato delle "impurità" dialettali e straniere, venendo così meno alla superiorità della lingua toscana. Il Tasso stesso entrò nel dibattito pubblicando un'Apologia della Gerusalemme.
Nel 1586 ottiene la libertà per intercessione dei principi Gonzaga di Mantova, che lo vollero presso la loro corte. Qui compone la tragedia Torrismondo. Tuttavia, alla notizia che per l'incoronazione di Vincenzo Gonzaga sarebbero giunti a Mantova Alfonso e Margherita d'Este, fugge anche da questa città.
Le sue ultime peregrinazioni riguardano città come Loreto (dove scioglie un voto), Napoli (dove cerca di recuperare la dote materna), Firenze (dove riceve grandi onori dai Medici), Roma (dove il papa gli promette una pensione vitalizia e un solenne riconoscimento del suo valore letterario: l'incoronazione in Campidoglio di poeta laureato, ma la cerimonia non avrà mai luogo). Egli conclude la nuova redazione del poema, che intitola Gerusalemme conquistata. Colpito da una grave malattia, muore a Roma nel 1595.
(Fonte: http://homolaicus.com/letteratura/tasso.htm)