Per stabilire la nascita del Teatro Regio di Torino dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, e precisamente all’inizio del 1700. Vittorio Amedeo II chiama a Torino l’architetto messinese Filippo Juvarra, lo nomina primo architetto civile nel settembre del 1714. Juvarra deve occuparsi dello sviluppo della città. Si mette all’opera e dona a Torino nuove sembianze, dandole un orientamento romano, sempre più lontano dalla linea francese. Torino si arricchisce di piazze e porticati, pensati come spazi di ricevimento per chi arriva dalla Francia o da Milano. Nel 1716 realizza progetti per i Quartieri Militari, elabora una nuova idea di piazza con portici e uno spazio che da semicircolare diviene quadrato. Nel 1718 si apre il cantiere di Palazzo Madama, destinato a Maria Giovanna Battista di Savoia.
0 Commenti
Edmond Eugène Alexis Rostand (Marsiglia, 1º aprile 1868 – Parigi, 2 dicembre 1918) è stato un poeta e drammaturgo francese, celebre soprattutto per aver scritto l'opera teatrale Cyrano de Bergerac. Nato in una famiglia agiata di Marsiglia, suo padre, Eugene Rostand, era un intellettuale dedito a diversi interessi, dal giornalismo alla traduzione di testi latini, poeta e filantropo, nonché membro della Academie des Sciences morales et politiques[1]. Suo zio, Alexis Rostand, era direttore di un importante istituto finanziario e musicista. Edmond Rostand fece i suoi studi nella sua città natale, a cui seguirono quelli di diritto a Parigi presso il Collège Stanislas dove strinse una durevole amicizia con il futuro critico letterario René Doumic, sempre a Parigi si iscrisse all'ordine degli avvocati, senza tuttavia esercitare. Nel 1888 scrisse un pezzo teatrale, Le gant rouge (Il guanto rosso), nel 1890 un volume di poesie, Les musardises (Gli ozi). Nel 1890 entra ufficialmente nel mondo della cultura con un saggio pubblicato presso l' Académie de Marseille dal titolo Essai sur le Roman sentimental et le Roman naturaliste. L'8 aprile 1890 sposa la poetessa Rosemonde Gérard. Avranno un due figli, Maurice nel 1891 e Jean nel 1894. Egli l'abbandonerà per il suo ultimo amore, Mary Marquet, nel 1915. Henrik Ibsen nasce a Skien, in Norvegia, il giorno 20 marzo 1828. L'attività del padre, commerciante, conosce il fallimento economico quando Henrik ha solo sette anni: la famiglia si trasferisce così in periferia. Il giovane Ibsen a soli quindici anni viene mandato a Grimstad dive studia per imparare l'arte dello speziale. Le sue difficoltà economiche sono aggravate quando, a soli diciotto anni, diventa padre di un figlio illegittimo; si rifugia nello studio e nella lettura di meditazioni rivoluzionarie. Henrik Ibsen comincia così a scrivere per il teatro: la sua prima opera è "Catilina", che riesce a pubblicare usando lo pseudonimo di Brynjolf Bjarme: si tratta di una tragedia storica che risente dell'influsso di Schiller e dello spirito risorgimentale europeo. Catilina verrà rappresentata a Stoccolma solo nel 1881. Nel 1850 Ibsen si trasferisce a Cristiania - l'odierna città di Oslo - dove riesce a fare rappresentare la sua opera "Il tumulto del guerriero", un testo composto da un unico atto, influenzato dal clima nazionalistico e romantico. I contatti con il mondo del teatro gli consentono di ottenere nel 1851 incarichi teatrali, prima come assistente teatrale e scrittore, poi come maestro di scena presso il Teatro di Bergen. Ricoprendo questo ruolo, a spese del teatro ha l'opportunità di viaggiare in Europa confrontandosi con le altre realtà dello spettacolo. A questo periodo risalgono la commedia "La notte di San Giovanni" (1853) e il dramma storico "Donna Inger di Østrat" (1855), che anticipa le problematiche ibseniane sulla donna. Nel 1857 viene nominato direttore del Teatro Nazionale di Cristiania: sposa Susanna Thoresen, figliastra della scrittrice Anna Magdalene Thoresen e, forte dell'esperienza di Bergen, prosegue nella scrittura di testi teatrali: nascono così il dramma fiabesco "I guerrieri di Helgeland" (1857), il poemetto drammatico "Terje Vigen" (1862) tra storia e leggenda, la satira teatrale "La commedia dell'amore" (1862), il dramma storico "I pretendenti al trono" (1863). A partire dal 1863, grazie ad una borsa di studio statale per l'estero, inizia un lungo periodo di soggiorni - che va dal 1864 al 1891 - che lo vedono spostarsi tra Monaco, Dresda e Roma. Soprattutto in Italia, Henrik Ibsen rimane colpito dalla diffusione delle idee risorgimentali e dalle lotte per l'unità, che lo spingono a elaborare forti critiche verso i suoi connazionali e e verso la neutralità norvegese. Di questo periodo sono le opere "Brand" (1866, scritta a Roma), "Peer Gynt" (1867, scritta a Ischia), la commedia brillante in prosa "La lega dei giovani" (1869) e il dramma "Cesare e il Galileo" (1873). L'incontro di Ibsen con Georg Brandes, scrittore e critico letterario danese, è molto significativo: le idee di Brandes sono volte a una riforma letteraria - e anche teatrale - in senso realistico e criticamente sociale. Per lui l'autore deve sentire il dovere sociale di denunciare i problemi, sottoponendoli alla critica, contestualizzando realisticamente il proprio tempo. Ibsen raccoglie e fa sue queste idee: dal 1877 riforma i criteri della sua produzione teatrale dando inizio alla fase del teatro sociale, con il quale lavora per smascherare la menzogna e l'ipocrisia, per far emergere la verità e la libertà individuale, per fare affiorare i pregiudizi e le disuguaglianze sociali e culturali - riferibili anche alla condizione femminile - e denunciare le speculazioni, le leggi del guadagno e l'uso del potere. L'opera di Ibsen da qui in avanti fa sentire con forza i drammi delle famiglie e dei singoli contro una società ipocrita e senza coraggio, arrivando a elaborare una forte critica verso l'istituzione del matrimonio. La grande svolta arriva con "I pilastri della società" (1877), poi con "Gli spettri" (1881) e "L'anitra selvatica" (1884). Con "Casa di bambola" (1879) difende il diritto alla libertà e all'autonomia della donna nelle scelte della propria vita, in una società in cui la donna può essere solo moglie e madre, oppure amante. Il dramma di Ibsen viene adottato dai movimenti femministi come propria bandiera, sebbene l'intento culturale di Ibsen era quello di difendere la libertà personale universale, di ogni individuo, indipendentemente dal sesso. "Casa di bambola" ottiene un grande successo in tutta Europa: in Italia la compagnia di Eleonora Duse la rappresenta al Teatro dei Filodrammatici di Milano nel 1891. Le opere successive risentono dell'influenza della psicoanalisi di Sigmund Fre Sigmund Freud: tra queste ricordiamo "Villa Rosmer" (1886), "La donna del mare" (1888) e "Edda Gabler" (1890). Altre opere di Ibsen sono: "Il costruttore Solness" (1894), "Il Piccolo Eyolf" (1894), "John Gabriel Borkman" (1896), "Quando noi morti ci destiamo" (1899). Henrik Ibsen è morto a Cristiania (Oslo) il giorno 23 maggio 1906. (Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=2218&biografia=Henrik+Ibsen) Grande scrittore, drammaturgo, satirico russo Nikolaj Vasiljevitch Gogol nacque il 20 marzo 1809 a Sorotchinci, regione di Poltava, in Ucraina, da una famiglia di possidenti terrieri. Trascorse l'infanzia vicino a Mirgorod, a Vasilevka, una delle proprietà del padre, un brav'uomo dal carattere allegro, appassionato del folklore locale, che si dilettava a scrivere. In seguito, divenuto adolescente, studiò al liceo di Niezhin per poi lasciare, dopo la morte del padre, l'amata madre (anche se era un personaggio severo e intransigente), e fuggire all'estero, probabilmente a causa degli sconvolgimenti emotivi causati da un primo insuccesso letterario. Tornato in seguito a Pietroburgo, riuscì finalmente ad acquistare una certa stima negli ambienti letterari e nel 1834 amici influenti del circolo di Puschkin gli procurarono perfino una cattedra in storia all'Università, incarico che, a causa del suo temperamento disordinato e passionale, si risolse in un pieno insuccesso. Nel 1831 aveva ormai pubblicato due volumi di racconti, dal titolo "Le veglie alla fattoria di Dikanka", a cui era seguito nel 1835 la nuova raccolta "I racconti di Mirgorod", dove accanto al carattere coloristico e realistico compare, nelle novelle di Taras Bulba, l'elemento storico-epico ispirato alla prima civiltà cosacca. Sempre nel 1835 pubblica "Arabeschi", raccolta di saggi e novelle lunghe (tra cui appaiono "La prospettiva Nevskij" e "Diario di un pazzo") e, nel 1836 i racconti "Il naso" e "Il calesse", nonché la commedia "Il Revisore". Il successo è grande e Gogol può dedicarsi ormai con tutte le forze alla creazione letteraria. Nel 1836 fa rappresentare "l'Ispettore", satira grottesca e sarcastica del mondo burocratico del tempo di Nicola I, che suscita l'inevitabile, aspra reazione degli ambienti colpiti. Sono le prime, vere amarezze di Gogol in ambito letterario, quelle nelle quali l'artista può concretamente toccare con mano la forza e la potenza emotiva delle sue descrizioni. Ottenuta una pensione imperiale e il permesso di soggiornare all'estero, Gogol va in Italia, a Roma, dove cerca di allagare la sua conoscenza delle opere d'arte più importanti e dove ha modo di frequentare i circoli culturali più alla moda, sospendendo quasi del tutto i contatti con la patria. Ma già dal 1835 lo scrittore, elaborando alcuni spunti suggeritegli da Puschkin, andava elaborando un grandioso affresco della Russia del tempo, le "Anime morte" che lo assorbe non poco e che teme possa procurargli altri guai. Per questo motivo, protrae il soggiorno romano fino a miglior data, lavorando alacremente sui manoscritti, senza contare che nel '42 aveva pubblicato un altro celebre racconto, "Il cappotto" (che dopo la sua morte verrà riunito con i precedenti, sotto il titolo di "Racconti di Pietroburgo"). Nel 1842 riappare a Pietroburgo e finalmente pubblica il 9 maggio le "Anime morte". A quella data risale anche la commedia minore "Il matrimonio", mentre qualche anno dopo, nel '46, è la volta delle "Lettere scelte", definite addirittura dai detrattori un'apologia della schiavitù, giudizi che contribuirono a deteriorare definitivamente i rapporti con i suoi connazionali, Gogol, in cerca di pace, Sempre più ossessionato da una visione mistica della vita, gira tra Roma, Wiesbaden e Parigi, fino ad approdare a Gerusalemme. Di ritorno in Russia, continua senza tregua il tormentoso lavoro che lo ha accompagnato in tutti i viaggi - il lavoro di prosecuzione e rifacimento della seconda parte delle "Anime morte" - fino alla notte dei primi del 1852, in cui svegliato il servitore e fattosi accendere il caminetto, piangendo getta il manoscritto nel fuoco. Fu trovato morto dinanzi alla Santa Immagine in Mosca il 21 febbraio 1852. (Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=470&biografia=Nikolaj+Gogol) Ultima opera dell'architetto Andrea Palladio, è considerato uno tra i suoi più grandi capolavori, assieme a Villa Capra detta la Rotonda, alla Basilica Palladiana e al vicino Palazzo Chiericati. Il celebre architetto vicentino, rientrato da Venezia nel 1579, riportò in quest'opera gli esiti dei suoi lunghi studi sul tema del teatro classico, basati sull'interpretazione del trattato “De architectura” di Vitruvio e sull'indagine diretta dei ruderi dei teatri romani ancora visibili all'epoca (in particolare del Teatro Berga di Vicenza). Il teatro venne commissionato a Palladio dall'Accademia Olimpica di Vicenza, nata nel 1555 con finalità culturali e scientifiche, tra le quali la promozione dell'attività teatrale. Tra i membri fondatori dell'Accademia vi era lo stesso Palladio, che per essa progettò numerosi allestimenti scenici provvisori in vari luoghi della città, com'era d'uso all'epoca, fino a che nel 1579 l'Accademia ottenne dalla municipalità la concessione di un luogo adatto ove poter realizzare stabilmente un proprio teatro, all'interno delle prigioni vecchie del Castello del Territorio. Il contesto era una vecchia fortezza di impianto medievale, più volte rimaneggiata ed utilizzata nel tempo anche come prigione e polveriera prima del suo abbandono. La costruzione del teatro iniziò nel 1580, lo stesso anno in cui Palladio morì, ma i lavori proseguirono sulla base dei suoi appunti, e furono conclusi nel 1584, limitatamente alla cavea completa di loggia e al proscenio. Si pose dunque il problema di realizzare la scena a prospettive, che era stata prevista fin dal principio dall'Accademia ma di cui Palladio non aveva lasciato un vero progetto. Venne quindi chiamato l'architetto vicentino Vincenzo Scamozzi, allievo di Palladio. Scamozzi disegnò le scene lignee, di grande effetto per il loro illusionismo prospettico e la cura del dettaglio, appositamente per lo spettacolo inaugurale, apportando inoltre alcuni adattamenti e i necessari completamenti al progetto di Palladio. A Scamozzi vengono inoltre attribuite le contigue sale dell'Odèo e dell'Antiodèo, oltre che il portale d'ingresso originale. Il teatro venne inaugurato il 3 marzo 1585 con la rappresentazione dell' Edipo re di Sofocle ed i cori di Andrea Gabrieli (ripresa nel 1997 per l'Accademia Olimpica di Vicenza con la regia di Gianfranco De Bosio. In questa e altre rare occasioni le scene (che rappresentano le sette vie della città di Tebe) furono illuminate con un originale e complesso sistema di illuminazione artificiale, ideato sempre da Scamozzi. Le scene, che erano state realizzate in legno e stucco per un uso temporaneo, non furono tuttavia mai rimosse e malgrado pericoli d'incendio e bombardamenti bellici si sono miracolosamente conservate fino ai giorni nostri. Il teatro è tuttora sede di rappresentazioni e concerti ed è stato incluso nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, come le altre opere palladiane a Vicenza. Victor Hugo nacque il 26 febbraio 1802 a Besançon (Francia). Suo padre, Leopold-Sigisberg Hugo, generale dell'esercito napoleonico, seguì in Italia e in Spagna Giuseppe Bonaparte, e i figli e la moglie, Sofia Trebuchet, gli furono accanto nei suoi spostamenti. La Restaurazione pose fine a questo vagabondare. Dal 1815 al 1818, Victor visse a Parigi nel convitto Cordier dove il padre avrebbe voluto preparasse gli esami per essere ammesso all'Ecole Polytechnique. Hugo uscì invece dall'Istituto ben convinto di dedicarsi alla letteratura e nel 1819 fondò con il fratello Abel il foglio "Il conservatore letterario". Nel 1822 i suoi primi scritti di intonazione monarchica e cattolica "Odi e poesie diverse", gli fruttarono dal re Luigi XVIII una pensione di 1000 franchi che fu accresciuta nel 1823 per la pubblicazione di "Han d'Islande". Lo stesso anno sposò Adele Foucher. Da questo matrimonio nacquero cinque figli. Sono di questi anni i suoi primi contatti con i circoli romantici parigini, primo fra tutti quello di Jacques Nodier alla Biblioteca dell'Arsenal, è del 1827 il "Cromwell", il dramma la cui prefazione è considerata giustamente il manifesto delle nuove teorie romantiche. In quella prefazione, in sostanza, vi è un tentativo di definizione del gusto dell'uomo moderno per il dramma, genere fondato sui contrasti, sulla presenza del comico come del tragico, e soprattutto del grottesco (immagine della vita cara allo scrittore), e tradotta da un verso nuovo, aperto alle libere risorse della prosa. Lo sperimentalismo è alla radice delle opere di questo periodo. Il gusto dell'oriente, degli archeologi, di pittori come Delacroix, trovò riscontro nella sua produzione degli anni 1825-28 e sfociò nella pubblicazione di "Le Orientali ". Nel 1830, poiché il "Cromwell" era un dramma di troppo vasta mole per essere rappresentato, sulla base delle teorie esposte, portò sulle scene l'"Hernani". Fu la battaglia decisiva e Victor Hugo fu riconosciuto capo della nuova scuola romantica. Gli scritti si susseguirono allora numerosi: opere drammatiche ("Marion Delorme" 1831; "Il re si diverte" 1832; "Lucrezia Borgia", "Maria Tudor", "Rui Blas", 1838); un romanzo ("Nôtre Dame de Paris"), quattro volumi di versi ("Le foglie d'autunno" 1831; "I canti del crepuscolo" 1835; "Le voci interiori" 1837; "I raggi e le ombre" 1840), e nel 1841 divenne membro dell'Accademia Francese. Due avvenimenti interruppero nel 1843 per un decennio la sua attività letteraria: la morte di sua figlia Léopoldine e l'insuccesso del dramma "I burgravi", che determinò la sua rinuncia al teatro. Nel 1845 venne nominato da Luigi Filippo Pari di Francia, nel 1848 deputato all'Assemblea Costituente, dove fu uno dei più fieri avversari del presidente Luigi Bonaparte. Ma il colpo di stato del 1851 segnò per lui l'inizio dell'esilio, di quell'esilio che doveva durare fino al 4 settembre 1870. Furono letterariamente anni molti fecondi: nel 1853 pubblicò "Le punizioni", aspra satira contro Napoleone III, nel 1856 "Le contemplazioni", nel 1859 la prima serie della "Leggenda dei secoli" (il seguito uscirà nel 1877 e nel 1883), nel 1862 i "Miserabili". Rientrò a Parigi dopo il crollo del III impero, entrò nel Senato nel 1876 e morì il 22 maggio 1885. Le sue esequie furono un'apoteosi; la sua salma fu lasciata per una notte sotto l'Arco di Trionfo dei Campi Elisi e vegliata da dodici poeti. Un altro suo capolavoro, "L'ultimo giorno di un condannato", fu pubblicato anonimo nel 1829. (Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=447&biografia=Victor+Hugo) Carlo Goldoni nasce a Venezia il 25 febbraio 1707, durante gli ultimi giorni del carnevale, un momento felicemente indicativo per il più grande autore comico italiano. Il padre Giulio, per mantenere i figli Carlo e Gianpaolo e la moglie Margherita, si trasferisce a Roma dove trova un lavoro e il tempo per addottorarsi in medicina. Carlo Goldoni a cinque anni viene descritto "dolce, tranquillo e obbediente" come figlio e "precoce" come scolaro, dimostrando una predilezione per la letteratura degli autori comici e una passione maniacale per il teatro, tanto che all'età di nove anni abbozza una piccola sceneggiatura per una commedia teatrale. Il padre si laurea ed esercita la professione del medico a Perugia, ordina a Carlo di raggiungerlo, iscrivendolo alla scuola dei Gesuiti dove segue lezioni di grammatica. Il periodo che più mortifica Carlo Goldoni, è tra gli anni 1720 e 1721 a Rimini, dove segue un corso di logica nella scuola dei Domenicani, al punto di dichiarare "una delizia e una vacanza" i tre mesi di malattia dovuta al vaiolo. Guarito, fugge dalla suddetta scuola per imbarcarsi in un battello di una compagnia teatrale comica, raggiungendo la madre Margherita a Chioggia. Anche il padre lo perdona, i genitori capiscono le esigenze del figlio, prendendo la decisione di assecondarne le predilezioni. Dopo alcuni mesi, viene mandato al collegio "Ghisleri" di Pavia per studiare la materia di Diritto; nella città pavese Goldoni si dà alla bella vita, frequenta donne e sperpera i soldi al gioco. All'età di 18 anni, scrive una satira (andata perduta) sulle virtù e vizi delle ragazze del luogo, il collegio viene preso d'assedio da genitori e parenti delle giovani donne pavesi, il Goldoni teme per la sua incolumità fisica e ritorna a Chioggia. Nel pieno dei vent'anni si trasferisce a Modena, causa forte esaurimento nervoso trova conforto nella religione, decidendo di farsi frate nell'ordine dei Cappuccini, tutto finisce con l'intervento del padre che lo riporta a Venezia. Nel 1731 a Bagnacavallo, subisce un grave lutto per la morte del padre Giulio. Sulla spinta di sua madre diventa avvocato presso l'università di Padova, entrando nell'ordine forense della Serenissima, come avvocato veneziano. In questo periodo si trasferisce a Milano, dove compone un dramma musicale dal titolo "L'Amalasunta", opera che non conosce il palco del teatro ma le fiamme del camino. In questi anni è costretto a spostarsi di continuo, causa la guerra di successione polacca, recandosi a Modena durante il viaggio si ferma a Parma, proprio in tempo per assistere alla sanguinosa battaglia di San Pietro. Goldoni torna a Venezia e la sera del 25 novembre 1734 sul palcoscenico del "San Samuele", viene rappresentata l'opera intitolata "Belisario", il suo primo vero successo teatrale. Nel frattempo segue la compagnia teatrale "Imer", nelle sue rappresentazioni a Padova, Udine, ancora Venezia e infine Genova, dove conosce e s'innamora di Nicoletta Connio, ragazza di 19 anni che porta all'altare sposandola il 23 agosto 1736. Nel 1738, compone la prima commedia che dà l'avvio al rinnovamento radicale per il teatro comico italiano "Il Momolo Cortesan", quindi ritorna con la moglie nella laguna dove gli viene affidata la direzione del teatro d'opera del "San Giovanni Crisostomo", incarico che ricoprirà fino all'anno 1741. Goldoni cambia la metodologia di recitare: gli attori degli spettacoli comici dell'arte da circa due secoli portano sulle scene un genere farsesco, caratterizzato dalla recita improvvisata e dall'uso della maschera, solo la trama è scritta, mentre il dialogo è affidato all'inventiva sul momento degli interpreti. Goldoni, pone un'alternativa a questa tradizione obsoleta, con una commedia di "carattere" o di "ambiente" (un'organismo scenico tratto dalla vita e ricco di sostanza umana e morale). Gli attori fissi con le maschere, devono essere sostituiti con personaggi arricchiti di una loro personalità individuale e con le maschere deve cadere ogni recitazione "a soggetto", a favore di una sceneggiatura scritta interamente dall'autore. Grazie alle sue geniali deduzioni Goldoni conquista prestigiosi traguardi. Nel 1743 scrive "La donna di garbo", la prima opera a essere scritta in tutte le sue parti. Nel 1745 mentre è a Pisa, gli ammicca dalla laguna "L' Arlecchino" recitato in modo perfetto dall'attore comico Sacchi (considerato il migliore attore di quel secolo), all'irresistibile invito il Goldoni risponde inviandogli la straordinaria commedia teatrale, dal titolo "Il Servitore di Due Padroni" da questo momento decide di lasciare il mestiere di avvocato, per dedicarsi interamente all'attività di poeta comico. Dall'anno 1748 al 1753 è commediografo del teatro "Sant'Angelo" e della compagnia teatrale che porta il nome dell'ideatore chiamato Madebach. L'ennesimo successo arriva nella sera di Santo Stefano del 1748, con la "Vedova Scaltra" interpretata dalla brava attrice e moglie del Madebach. Nei mesi a seguire si continuano a rappresentare due capolavori, dai titoli "La Putta Onorata" e "La Buona Moglie", che portano una ventata di vita e umanità. I consensi unanimi del pubblico rivolti al Goldoni portano in coda un'innevitabile reazione d'invidia degli altri ambienti teatrali. Alla ripresa della stagione artistica và in scena la commedia Goldoniana chiamata "Vedova"; Pietro Chiari (un nuovo autore teatrale) roso dall'invidia, rappresenta un'opera chiamata "Scuole Delle Vedove", una velenosa parodia rivolta alle commedie di Goldoni; quest'ultimo punto nel vivo si difende facendo stampare dei manifesti di chiarificazione. Il tribunale dell'inquisizione impone la sospensione di ambedue le commedie: è l'inizio a Venezia della censura teatrale. La censura non ferma l'ascesa del Goldoni: nella seconda stagione comica presso il "Sant'Angelo" fa uscire le rappresentazioni teatrali "Il Cavaliere e la Dama" e "La Famiglia Dell' Antiquario". Sul finire del carnevale del 1750 dopo l'insuccesso "Dell'Erede Fortunata", dal palcoscenico fa annunciare al pubblico, che per il prossimo anno comico avrebbe fornito sedici commedie nuove. Goldoni mantiene l'impegno, tra le nuove creature ci sono opere impegnate e rappresentazioni allegre, come "Il Teatro Comico", "La Bottega del Caffè", "Il Bugiardo" e "La Pamela". In questo periodo i rapporti tra il Goldoni e Madebach si guastano, mettendo fine alla loro collaborazione. Goldoni trova una nuova sistemazione al teatro "San Luca" di Venezia, mentre il Madebach si accorda con il Chiari, nemico dichiarato di Goldoni. Nei primi cinque anni al "San Luca" Goldoni ottiene grande successo nel filone delle commedie in versi veneziani, con le opere più rappresentative, intitolate "Le Massere" e il "Campiello". Nel 1756 a Parma riceve il diploma di "Poeta" con una pensione annua di tremila lire. Le sue opere si stampano e si rappresentano ormai in varie città d'Italia. Goldoni lascia Venezia per andare a Roma (tra il 1758 e il 1759), rientra poi in laguna per lasciarla e trasferirsi a Bologna, dove scrive "Gli Innamorati", segno di una netta ripresa e l'avvio della sua più grande stagione creativa. Dal 1760 al 1762 si recitano al "San Luca" di Venezia commedie come "I Rusteghi", "La Casa Nova", "La Triologia della Villeggiatura", "Sior Todero Brontolon" e "Le Baruffe Chiozzotte". Nella rappresentazione de "I Rusteghi", Voltaire gli manda versi di lode, seguiti da una lettera in cui lo definisce "Figlio e Pittore della Natura". Ma il suo successo, fa lievitare per l'ennesima volta invidia e nemici: il più accanito è Carlo Gozzi, che manda in scena una sua "Fiaba" dove vengono sbeffeggiati Carlo Goldoni e Pietro Chiari, il pubblico applaude e gode della rivalità. Carlo Goldoni, amareggiato, nell'aprile del 1762 lascia Venezia e si trasferisce in Francia a Parigi, insieme alla moglie e al nipote Antonio, per divenire autore della "Commedie Italienne", rimanendone deluso per la poca considerazione del teatro italiano e delle sue riforme Goldoniane. Nel 1765 per interesse della Delfina, gli viene affidato l'incarico di maestro di lingua italiana della principessa Adelaide, figlia di Luigi XV; Goldoni lascia quindi la "Commedie Italienne" stabilendosi a Versailles. Torna a Parigi nel 1769 con una pensione annua; nella capitale francese si lascia attrarre nuovamente dal teatro, cimentandosi in francese con le commedie di carattere "Le Bourru Bienfaisant" e "L'Avare Fastueux". Sono gli ultimi lampi di Goldoni che diventa cieco all'occhio sinistro, ammalato e in condizioni economiche non sempre facili. La rivoluzione francese lo tocca da vicino privandolo della pensione di corte: dopo pochi mesi trascorsi fra malattia e miseria, Carlo Goldoni muore il 6 febbraio 1793, non facendo più ritorno nella sua amata Venezia. (Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=1718&biografia=Carlo+Goldoni) Bertolt (Bert) Brecht (Augusta, 10 febbraio 1898 - Berlino, 14 agosto 1956) pseudonimo di Eugen Berthold Friedrich Brecht, è considerato il più influente drammaturgo, regista e poeta tedesco del XX secolo. Nacque da Bertolt Friedrich Brecht e Sofie Brezing ed ebbe un'infanzia poco felice a causa del carattere schivo e di frequenti problemi di salute. Dopo la scuola elementare frequentò il "Realgymnasium Augsburg" fino al 1917, quando ottenne il cosiddetto Notabitur (diploma d'emergenza concesso anzitempo agli studenti che intendevano arruolarsi) a causa degli eventi bellici. Frequentò in modo discontinuo le facoltà di Scienze naturali, Medicina e Letteratura. Dovette interrompere gli studi perché arruolato aggregato al corpo sanitario e assegnato ad un ospedale militare di Augusta. In questo periodo conobbe Paula Banholzer che nel 1919 gli diede un figlio, Frank, che cadde nel 1943 sul fronte russo. Nel 1920 morì sua madre. Nello stesso anno divenne amico del celebre cabarettista Karl Valentin. Il lavoro con Valentin influenzò molto le sue opere successive. In quegli anni si recò spesso a Berlino costruendo importanti relazioni con persone che gravitavano intorno all'ambiente teatrale. Nel 1922, anno in cui vinse il Premio Kleist con il dramma "Tamburi nella notte", sposò l'attrice e cantante d'opera Marianne Zoff. Un anno dopo nacque la loro figlia Hanne. Poco dopo conobbe la sua futura moglie Helene Weigel. Nel 1924 si trasferì definitivamente a Berlino dove lavorò con Carl Zuckmayer come drammaturgo presso il Deutsches Theater, e - sempre nel medesimo anno - nacque suo figlio Stefan; tre anni dopo Brecht divorziò da Marianne Zoffe per sposare Helene Weigel. Nel 1929 sarebbe nata sua figlia Barbara. Dal 1926 intrattenne stretti contatti con artisti di tendenza socialista e ciò influenzò molto la sua Weltanschauung. Le sue prime opere furono influenzate dallo studio degli scritti di Hegel e Marx. A 29 anni pubblicò la sua prima raccolta di poesie intitolata "Sermoni domestici" (Hauspostille). L'anno successivo venne rappresentata per la prima volta L'"Opera da tre soldi" (musica di Kurt Weill) che divenne il maggior successo teatrale della Repubblica di Weimar. Al'inizio del 1933 la rappresentazione di "Linea di condotta" (Maßnahme) venne interrotta da un irruzione della polizia e i produttori vennero accusati di alto tradimento. Il giorno successivo al rogo del Reichstag Brecht, insieme con i famigliari e alcuni amici, abbandonò Berlino e fuggì a Praga, Vienna, Zurigo e infine Skovsbostrand presso Svendborg in Danimarca dove rimase per cinque anni. Nel maggio dello stesso anni i suoi libri vennero messi al rogo. L'esilio fu molto duro anche se in quegli anni produsse le sue opere più note. Viaggiò molto a Parigi, Londra e New York per rappresentare le sue opere. Scrisse numerosi articoli su giornali per rifugiati ed emigranti di Praga, Parigi ed Amsterdam. Nel 1939 lasciò la Danimarca e visse per un anno in una fattoria presso Stoccolma e successivamente ad Helsinki. A questo periodo risale Vita di Galileo. Nell’estate del 1941 si recò da Mosca a Vladivostok. In Russia si imbarcò per la California dove abitò per cinque anni a Santa Monica non lontano da Hollywood. Il suo tentativo di entrare nel mondo del cinema non ebbe successo per cui si limitò ad organizzare alcune rappresentazioni teatrali per piccoli teatri. Decise di concentrare la sua attenzione sulle sue opere maggiori. Il 9 settembre 1943 a Zurigo esordì Vita di Galileo Gli USA lo accusarono di avere opinioni comuniste e il 30 ottobre 1947 fu interrogato dal House Committee on Un-american Activities. Il giorno successivo, durante la prima di Vita di Galileo a New York, fuggì a Zurigo. Qui rimase per un anno, l’ingresso in Germania gli fu proibito. Tre anni dopo ottenne la cittadinanza austriaca. All’inizio del 1949 si trasferì a Berlino Est. Qui, nell'autunno dello stesso anno fonda, insieme a Helene Weigel, la compagnia teatrale del "Berliner Ensemble". Gli anni successivi lo vedono impegnarsi molto per il teatro. Alcune rappresentazioni in città europee gli crearono delle tensioni con i vertici del partito SED (Sozialistischen Einheitspartei Deutschlands). Alcuni suoi pezzi teatrali furono rifiutati. Nel maggio del 1956 Brecht venne ricoverato con una forte influenza in un ospedale di Berlino. Morì il 14 agosto dello stesso anno a causa di un infarto. (Fonte: http://www.antiwarsongs.org/artista.php?id=649&lang=it&rif=1) Anton Pavlovic Cechov nasce a Taganrog, porto del Mar d'Azov, il 29 gennaio 1860, da una famiglia di umili origini. Il padre Pavel Egorovic è un droghiere, figlio di un ex servo della gleba che era riuscito ad ottenere il proprio riscatto mettendo insieme la somma necessaria con la sua attività di mercante. La madre, Evgenija Jakovlevna Morozova, è figlia di commercianti. Sebbene l'infanzia del futuro scrittore e drammaturgo e dei suoi cinque fratelli non fu felice, ebbero una buona istruzione. Sognatore, innamorato della natura, Cechov apprende rapidamente a sopravvivere in solitudine al centro di una famiglia numerosa ed all'ombra della tirannia paterna. Dopo avere terminato il liceo, raggiunge nel 1879 i genitori, che, a seguito del fallimento del padre, si erano trasferiti a Moscatre anni prima. Diciannovenne, Cechov si iscrive agli studi universitari di medicina: studia fino al 1884, anno in cui consegue la laurea e inizia ad esercitare la professione di medico. Gli anni dell'università vedono Cechov iniziare a scrivere novelle e reportage, che pubblica con diversi pseudonimi in riviste umoristiche. Sono gli anni del tumulto politico, tra i cui fatti più noti vi è l'assassinio di Alessandro II: Cechov diffida degli estremismi e delle ideologie e si mantiene distaccato da coinvolgimenti politici in ambito universitario. Osservatore freddo e razionale Cechov avrà modo di dichiararre: «La madre di tutti i mali russi è l'ignoranza, che sussiste in egual misura in tutti i partiti, in tutte le tendenze». Cechov conduce una sorta di doppia vita: scrive ed esercita la professione di medico; scriverà: «La medicina è la mia moglie legittima, la letteratura è la mia amante». Il talento narrativo di Cechov impressiona favorevolmente lo scrittore Dmitrij Vasil'jevic Grigorovic. Conosce Aleksej Suvorin, direttore del grande giornale conservatore di Pietroburgo "Novoje Vremia" (Tempo Nuovo), il quale gli offre di collaborare con lui. Cechov inizia così la sua attività di scrittore a tempo pieno, che lo porterà in breve tempo a collaborare con altre importanti riviste letterarie come "Pensiero russo", "Il Messaggero del Nord", "Elenchi russi". Il primo libro è una raccolta di novelle, "Le fiabe di Melpomene" (1884), a cui segue una raccolta di brevi e scherzosi "Racconti variopinti" (1886), vivaci ritratti umoristici della vita di funzionari statali e di piccoli borghesi; entrambe i volumi vengono pubblicati con lo pseudonimo di Antosha Cekhonte. Appariranno poi "La steppa" nel 1888, e nel 1890 la sua sesta raccolta di novelle. Tra la fine degli anni '80 e per tutti gli anni '90 Cechov si impegna in una più intensa attività di scrittura, in cui il pessimismo della triste monotonia della vita, in precedenza nascosto tra le pieghe dell'umorismo, diviene il carattere dominante, tuttavia attenuato a tratti da una voce di speranza e di fede. Nascono quindi i suoi più celebri racconti che dal 1887 vennero pubblicati con il nome di Anton Cechov. Alcuni dei più significativi sono: "Miseria" (1887), "Kastanka" (1887), "Nel crepuscolo" (1887), "Discorsi innocenti" (1887), "La steppa" (1888), "La voglia di dormire" (1888)" (per il quale riceve il Premio Pu?kin, dall'Accademia delle Scienze), "Una storia noiosa" (1889), "Ladri" (1890), "La camera n°6" (1892), "Il duello" (1891), "La corsia" (1892), "Mia moglie" (1892), "Il racconto di uno sconosciuto" (1893), "Il monaco nero" (1894), "La mia vita" (1896), "I contadini" (1897), "Un caso della pratica" (1897), "L'uomo nell'astuccio" (1897), "La signora col cagnolino" (1898), "Nel burrone" (1900). I suoi racconti sono ammirevoli per la semplicità e la chiarezza, straordinari per l'arguzia e il senso d'umorismo. Cechov sa esprimere il suo profondo rispetto per la gente umile, e riesce a rendere visibile il dolore e l'inquietudine presenti nella decadente società del tempo. Incapace di trarre vantaggio dalla sua grande notorietà e nonostante i primi effetti della tubercolosi, Cechov parte per l'isola di Sakalin, ai confini della Siberia. Il suo scopo è quello di visitare e indagare il mondo delle carceri («tutto ciò che c'è di terribile nella vita si deposita in qualche modo nelle carceri»), in Siberia, dove i prigionieri vengono deportati e conducono una vita drammatica, e il cui sistema anticipa quello dei campi di concentramento che si vedranno nell'Europa del XX secolo. Dopo un soggiorno di tre mesi Cechov pubblica uno studio - geografico, sociologico e psicologico - molto documentato. La pubblicazione de "L'isola di Sakalin", nel 1893, avrà per conseguenza l'abrogazione delle punizioni corporali, oggetto della sua denuncia. Nel 1891 Cechov si reca sia in Francia (dove tornerà per farsi curare nel 1894 e nel 1897), sia in Italia. Nonostante il suo entusiasmo per Firenze e Venezia, ha nostalgia della Russia e della pianura moscovita; acquista nel 1892 una proprietà a Melikhovo, dove riunisce tutta la famiglia. Qui si dedica al giardinaggio. La residenza è spesso frequentata da visitatori, e per trovare la concentrazione e la solitudine necessarie al lavoro di scrittore fa costruire una casetta lontano dalla residenza. In questo periodo Scrive "La camera n° 6", "Il Monaco nero", "Racconti di uno sconosciuto" e "Il gabbiano". Nel periodo 1892?1893 scoppia un'epidemia di colera. Cechov si dedica in modo prioritario alla sua attività medica, che esercita per lo più gratuitamente. Nel frattempo matura il racconto terribile intitolato "Mugichi" (1897). Nel 1897, la tubercolosi peggiora: deve ammettere la sua malattia, vendere Melikhovo, lasciare i dintorni di Mosca per il clima più secco della Crimea. Va a vivere a Yalta nel 1899, dove cura un nuovo giardino. La sua malattia non rallenta il suo impegno sociale: fa costruire tre scuole e, nel 1899, dà l'allarme all'opinione pubblica sulla carestia che regna nelle regioni della Volga promuovendo una raccolta di fondi. Nel maggio del 1901 sposa Olga Knipper, giovane attrice del teatro d'Arte che ha conosciuto tre anni prima in occasione del trionfo de "Il Gabbiano" a Mosca. Mentre Olga lavora a Mosca, Cechov resta solo, esiliato in una regione che non ama. Dopo avere assistito al trionfo della sua ultima commedia, "Il giardino dei ciliegi", Cechov si reca in Germania con la moglie, alla ricerca di una possibilità di cura. Anton Cechov muore in viaggio, a Badenweiler, località della Foresta Nera, il 15 luglio 1904, all'età di quarantaquattro anni. (Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=1169&biografia=Anton+Cechov) Giorgio Gaberscik, nasce a Milano il giorno 25 gennaio 1939. Adolescente, per curare il braccio sinistro colpito da paralisi, a 15 anni inizia a suonare la chitarra. Dopo aver conseguito il diploma in ragioneria frequenta la facoltà di Economia e Commercio alla Bocconi pagandosi gli studi con i guadagni provenienti dalle serate in cui suona al Santa Tecla, famoso locale milanese. Conoscerà qui Adriano Celentano, Enzo Iannacci e Mogol; quest'ultimo lo invita alla Ricordi per un'audizione: è lo stesso Ricordi a proporgli di incidere un disco. Comincia una brillante carriera con "Ciao, ti dirò", scritta con Luigi Tenco. Sono degli anni successivi le indimenticabili "Non arrossire", "Le nostre serate", "Le strade di notte", "Il Riccardo", "Trani a gogò", "La ballata del Cerruti", "Torpedo blu", "Barbera e champagne". Nel 1965 sposa Ombretta Colli. Partecipa inoltre a quattro edizioni del Festival di Sanremo (con "Benzina e cerini", 1961; "Così felice", 1964; "Mai mai mai Valentina", 1966; "E allora dai", 1967), oltre a condurre vari spettacoli televisivi; nell'edizione 1969 di "Canzonissima" propone "Com'è bella la città", uno dei primi brani che lasciano intravedere il successivo cambio di passo. Nello stesso periodo, il Piccolo Teatro di Milano gli offre la possibilità di allestire un recital, "Il signor G", il primo di una lunga serie di spettacoli musicali portati in teatro che alternando canzoni a monologhi trasportano lo spettatore in una atmosfera che sa di sociale, politica, amore, sofferenza e speranza, il tutto condito con un'ironia tutta particolare, che smuove risate ma anche la coscienza. «Credo che il pubblico mi riconosca una certa onesta' intellettuale. Non sono né un filosofo né un politico, ma una persona che si sforza di restituire, sotto forma di spettacolo, le percezioni, gli umori, i segnali che avverte nell'aria.» - Far finta di essere sani (1972) - Libertà obbligatoria" (1976) - Polli d'allevamento (1978) - Il grigio (1989) - E pensare che c'era il pensiero (1995) - Un'idiozia conquistata a fatica (1998) sono i suoi lavori più significativi. Dopo gli album dedicati esclusivamente alla registrazione integrale dei suoi spettacoli, torna al mercato discografico ufficiale con l'album "La mia generazione ha perso" (2001) che include il singolo "Destra-Sinistra": ironico, con le solite graffianti insinuazioni, è un brano decisamente attuale, visto il periodo pre-elettorale in cui esce. Scompare il giorno 1 gennaio del 2003, all'età di 63 anni, stroncato da una lunga malattia nella sua villa di Montemagno a Versilia, dove si era recato per trascorrere il Natale accanto alla moglie e alla figlia Dalia. Il 24 gennaio dello stesso anno uscira', quasi come un testamento artistico, "Io non mi sento italiano", l'ultimo lavoro dell'indimenticabile artista. (Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=410&biografia=Giorgio+Gaber) |
Quei due?
Basta farci l'abitudine. Siti da non perdere
Archivi
Febbraio 2018
Categorie
Tutto
|