Leggendo i suoi versi, si ha spesso l’impressione di un vero e proprio corpo a corpo con la lingua, del superamento di un costante attrito con lo strumento, che produce effetti di un’energia insolita, di una felice ruvidezza espressiva che fornisce una sorta di quasi fisica concretezza alla sua parola. Avere oggi a disposizione l’insieme della sua opera poetica è davvero una fortuna, che ci permette di entrare meglio in un mondo poetico tanto complesso e vivo quanto arduo, affascinante e assolutamente singolare. Il Meridiano Mondadori che raccoglie L’Opera poetica , a cura di Stefano Giovannuzzi (con la collaborazione di F. Carbognin, C. Carpita, S. De March, G. Palli Baroni), comprende anche una ricca cronologia, un capitolo di «Traduzioni e Autotraduzione» e uno dedicato agli interventi della Rosselli «in margine alla poesia».
Eccellente è il saggio introduttivo di Emmanuela Tandello, che perlustra i vari aspetti di una poesia la cui unicità continua a essere uno stimolo per un lettore attento, e un’occasione di confronto anche per chi ama e pratica la poesia. Dal primo libro riassuntivo, Variazioni belliche (’64), attraverso la potente Serie ospedaliera (’69), fino a Documento (’76) e al poemetto Impromptu (’81), Amelia Rosselli, aveva scritto Stefano Giovanardi, «da un reticolato schiettamente meditativo» fa emergere «energici accenti d’amore e passione», in un incrocio formidabile tra realtà e visionarietà, in una «lingua angolare, strana, che parla da un margine, da un territorio altro, costellata di piccole esplosioni, ma anche di buffe e umoristiche trappole nelle quali il lettore è incoraggiato a cadere» (Tandello).
La sua poesia nasce da un forte e vivo rapporto con altra, grande poesia che l’ha preceduta (frequenti, soprattutto in certe fasi, in un poemetto come La libellula, per esempio, le citazioni. Da Campana, da Montale) ma è al tempo stesso fortemente innovativa e sperimentale, vicinissima alla neoavanguardia, ma in fondo totalmente autonoma, per il carattere inconfondibile della sua voce. Le stesse improprietà linguistiche che a volte appaiono, o che furono definite «lapsus» da Pasolini, conferiscono un carattere increspato, rugoso, e in qualche modo persino arcaico alla sua pronuncia. Ci invogliano a entrare meglio nel corpo del testo, come attratti da una serie di crepacci, di fenditure, di forme di frizione con la realtà, prima ancora che con la parola. Eppure il suono, le vibrazioni musicali nel suo tessuto compositivo ne sono un requisito essenziale, anche perché la stessa Rosselli, nel suo famoso saggio Spazi metrici (collocato in appendice a Variazioni belliche), così apriva il discorso: «Una problematica della forma poetica è stata per me sempre annessa a quella più strettamente musicale, e non ho in realtà mai scisso le due discipline».
Musica della sua poesia, nella quale, però, come opportunamente scriveva Giovanni Giudici introducendo Impromptu, si fondava anche su una «ansia di significazione implacabile». Ma una significazione non banale, condotta seconda una logica diversa, eversiva; una logica poetica di immagini e visioni che aprono costantemente nuovi possibili scenari di senso, o di allusioni di senso ulteriore. Lo vediamo dai primi testi, dall’attacco per esempio della Libellula, scritto nel ’58, legato al tema della libertà e della giustizia ebraica: «La santità dei santi padri era un prodotto sì / cangiante ch’io decisi di allontanare ogni dubbio / dalla mia testa purtroppo troppo chiara e prendere / il salto per un addio più difficile. E fu allora / che la santa sede si prese la briga di saltare / i fossi, non so come, ne rimasi allucinata». O in quella ben nota poesia di Variazioni belliche, che parte così: «Contro del re dell’universo gridavano anacoreta e / amorosa. // Anacoreta e vergognosa. Anacoreta vergognosa si vergognava / della sua pulchritudine. Studiava piani e emisfere / senza controllo […] Con la /sua passione al bello frenava la sua corsa alla solitudine». Insomma, Amelia Rosselli tratta grandi temi, temi centrali, ma lo fa senza darlo a vedere, senza ombra di retorica, o come deviando il discorso dalla strada maestra, slittando di continuo su dintorni intricati e oscuri quanto per lei imprescindibili.
Ho avuto la fortuna e il privilegio di conoscere Amelia, di leggere versi accanto a lei, di conversare con lei. E devo dire che alla grandezza dell’opera corrispondeva perfettamente la disarmante naturalezza della sua eccentrica semplicità, della sua superiorità morale.
Maurizio Cucchi
(fonte:http://www.lastampa.it/2012/10/06/cultura/libri/amelia-rosselli-il-bello-sfida-la-solitudine-AKUHnvJU1eJXXO1TYpw7FI/pagina.html)