I primi anni della sua vita, a Baltimora. Nel 1927, con la madre si trasferisce a New York. Siamo in pieno proibizionismo, il denaro manca, la malavita impera. Ci si avvicina alla Grande Depressione, i ricchi impoveriscono e i poveri sono sempre più disperati. Billie, che appartiene alla seconda categoria sociale arriverà a prostituirsi per racimolare un po’ di denaro che permetta a lei e la madre di sopravvivere. La sua voce e il suo talento l’aiutano, per fortuna. Nei locali e nei club, dove si vende alcool clandestinamente, si fa spettacolo. Billie si presenta, cercano ballerine. Lei non sa ballare, ma sa cantare. E non solo sa cantare, è anche tanto brava. L’assunzione è immediata. Le compagne di lavoro, la battezzano “Lady”, “Signora”, perché rifiuta di prendere mance dai clienti lasciandosi mettere le banconote tra le cosce, come invece lasciano fare le colleghe.
Porta il clarinettista Benny Goodman a una esibizione di Billie: a Benny piace. Registrano un demo ai Columbia Studios e il debutto in coppia avviene il 27 novembre 1933 con "Your Mother's Son-In-Law" e Riffin' the Scotch. I due dischi passarono inosservati. John però non molla, è certo del talento della giovane BIllie e continua a crederci. Fa bene. L’anno successivo è un lungo tour nei club neworkesi. Nel 1935 le procura un contratto con il pianista Teddy Wilson per l'incisione di alcuni dischi per l'etichetta Brunswick.
Tutto pare volgere al meglio. Teddy la aiuta a formare il primo gruppo tutto suo e la band entra in sala di incisione. Il gruppo è interamente composto di neri. Un problema enorme: gli editori riservano le migliori canzoni unicamente a cantanti e orchestre bianche. I neri si devono accontentare di un repertorio dozzinale.
Ed è qui che il talento di Billie, compie il prodigio. Nonostante la mediocrità dei brani che devono eseguire, le sue interpretazioni sono una più bella dell’altra. La sua voce è intensa, vola sul tempo, emoziona. Anche la canzone più banale diventa bella. Canta con musicisti del calibro di Jimmie Lunceford, Fletcher Henderson, Count Basie, Lester Young e Buck Clayton.
Nel 1936 incide dischi col proprio nome per la Vocalion.
Alla fine del 1937 viene scritturata dalla band di Artie Shaw. È fra le prime donne di colore a esibirsi con un gruppo di bianchi. Sebbene appoggiata dai suoi compagni, sorgono problemi. Gli sponsor delle radio e gli agenti di spettacolo criticano il suo stile di canto. Lo definiscono poco ortodosso e, soprattutto, è nera.
Billie è risentita e disgustata. Lascia il gruppo. Inizia così a esibirsi al club Cafè Society, appena aperto, frequentato da un pubblico interrazziale. Qui, Lewis Allan (pseudonimo di Abel Meeropol), le offre una canzone: “Strange Fruit”. Billie ha molti dubbi. L’argomento del testo è esplosivo. Si tratta di una protesta contro il razzismo e condanna al linciaggio dei neri. Inoltre, la ballata è lontana dal repertorio che normalmente propone. Lo strano frutto di cui parla la canzone, altro non è che il corpo di un nero che penzola da un albero.
«Gli alberi del sud danno uno strano frutto,
sangue sulle foglie e sangue sulle radici,
un corpo nero dondola nella brezza del sud,
strano frutto appeso agli alberi di pioppo».
Abel Meeropol è un insegnante ebreo-russo del Bronx, membro del Partito Comunista Americano. La canzone è nata dopo aver visto la foto, scattata da Lawrence Beitler, del linciaggio di Thomas Shipp e Abram Smith a Marion (Indiana). Rimane talmente impressionato che per dormi non riesce a dormire. Così mette su carta le sue emozioni e nasce una poesia dal titolo Bitter Fruit ("Frutto amaro") che fa pubblicare con lo pseudonimo di Lewis Allan (i nomi dei suoi figli morti in tenera età) sulla rivista New York Teacher e nel giornale comunista New Masses.
Fortunatamente l’istinto prevale sulla ragione. Billie interpreta “Strange Fruit”. E lo fa, come sempre, in modo sublime.
Billie, ora, non è più solo la cantante che emoziona e commuove il pubblico, ma anche la voce che lo scuote nel profondo. Alla sua fama di cantante si aggiunge quella di artista di protesta.
La canzone, incisa, viene bandita da tutte le radio e i jukebox americani, ma oramai Billie è riconosciuta come grande interprete jazz. “Strange Fruit” arriva in Europa quasi clandestinamente, in parte a causa della guerra, e poi perché la BBC la bandisce. Si narra che la canzone venisse ascoltata da critici ed esperti, nel corso di riunioni quasi segrete, tramite vecchi giradischi.
Se i successi coronano la vita artistica di Billie, non così è per la sua vita privata. Siamo nella prima metà degli anni Quaranta. Con il primo marito inizia a fare uso di oppio, col secondo di eroina. A questo si aggiunge un uso smodato di alcool. Muore la madre. Billie viene arrestata per possesso di eroina e condannata a otto mesi di carcere. Le autorità le tolgono la “cabaret card” che le permette di esibirsi nei nightclub. Le rimangono le registrazioni, che realizza con grandi nomi come Ben Webster, Oscar Peterson, Hrru “Sweet” Edison, Charlie Shavers.
Le traversie della vita si ripercuotono sulla sua voce, anche se le sue interpretazioni sono sempre di grande impatto emotivo.
Nel 1954 è in Europa. Una tournée di grande successo. Non mancano i pettegolezzi. Fra i tanti, si dice che Billie, quando fa shopping, paghi alzando la gonna perché tiene i soldi infilati nelle calze.
L’autobiografia che esce nel 1956 alimenta il fuoco delle maldicenze. Questo non nuoce alla sua fama. I suoi concerti sono seguiti con grande partecipazione da un’immensa schiera di ammiratori. Tornerà in tour nel 1958.
Nel 1957 è protagonista in uno speciale televisivo della CBS: “The Sound of Jazz”, con Ben Webster, Lester Young e Coleman Hawkins.
Nel 1958 registra “Lady in Satin” con l'Orchestra di Ray Ellis per la Columbia. In questo album la sua voce mostra un suono ruvido, ma di grande intensità emotiva.
Nel 1959, mentre è a Londra, Billie partecipa, con un’indimenticabile esecuzione, alla BBC Chelsea a Nove. Fra le canzoni, “Strange Fruit”.
Il suo ultimo concerto è a New York il 25 maggio 1959. Un concerto di beneficenza al Phoenix Theater.
Il 30 maggio viene ricoverata, per u collasso, al Metropolitan Hospital di New York. Ha problemi di fegato e cuore. Il giorno dopo avrebbe un concerto a Montreal.
Il 12 luglio, è posta agli arresti domiciliari, per il possesso di droga. Billie rimane nel suo letto d’ospedale piantonata dalla polizia.
Il 17 luglio 1959, a soli 44 anni, Billie muore. Perseguitata fino alla fine dal destino avverso e dalle autorità. Tutto ciò che possiede sono 70 centesimi in banca e 750 dollari in banconote di grosso taglio infilati nella calza. Billie entra a far parte della leggenda: la cantante maledetta che cambiò il jazz entrando dalla porta di servizio.